Mi serviva questo bel racconto per riconciliarmi almeno in parte con Melville, che quindici anni or sono, con il suo “Moby Dick”, mi tenne occupato per sei mesi con la peggior lettura della mia vita e mi allontanò dai libri per un periodo ancor più lungo. La strana storia dello scrivano Barteby scivola via con piacevolezza. Sorprendente la lunga introduzione descrittiva che presenta tutti i protagonisti della vicenda con una moltitudine di dettagli mai superflui. La vena ironica e il finale coerente e non-sense sono altri punti di forza dell’opera. La ciliegina sulla torta, però, è rappresentata dalla lettura di Alberto Rossatti, capace di ricondurmi alle sensazioni provate nel lontano 2008, quando, da una delle sedie centrali della terza fila (in Piazza Napoleone, a Lucca), con la mia futura moglie ebbi l’onore di ascoltare per l’unica vola dal vivo la voce di Leonard Cohen, la cui bellezza resta fra i misteri irrisolti della nostra vita.